“Non ci guadagnavamo un soldo” Aubert de Villaine

Aubert de Villaine è co-proprietario della cantina più famosa al mondo la Domaine de la Romanée-Conti. In 20 ettari di terra si costruiscono (permettetemi il termine) i vini più costosi al mondo. Insieme a sua moglie Pamela, Aubert possiede e gestisce anche un dominio a Bouzeron chiamato Domaine de Villaine (anche in questo caso vini di tutto rispetto. Questo dominio ha vaste piantagioni di Aligoté Doré.

Quando Aubert de Villaine si unì a Romanée-Conti nel 1965, il suo vino era venduto ancora per pochi franchi. Mezzo secolo dopo, all’età di 82 anni, il guardiano cede la gestione del tempio borgognone, “fiducioso” nel suo futuro quando le bottiglie arrivano fino a 50.000 euro ciascuna. “Non ci guadagnavamo un soldo”, ricorda Aubert de Villaine.
Lui è un uomo discreto, una celebrità nel mondo del vino. Quando ci si trova di fronte l’ingresso di una delle tenute più prestigiose del mondo si rimane un po delusi forse perché ci si aspetta un cancello tutto d’oro e diamanti. Niente di tutto questo, il nome è indicato solo da minuscole lettere sul citofono di un cancello anonimo, di fronte alla chiesa di Vosne-Romanée. Non è un castello ma un sobrio edificio monastico. Niente di ostentato qui. Perché il solo nome di Romanée-Conti basta a far venire i brividi alla critica di tutto il mondo e agli speculatori che lo vendono fino a 50.000 euro a bottiglia.
Tuttavia, quando Aubert de Villaine è nato nel 1939, era come erede di una tenuta che “non riusciva a sbarcare il lunario”. In effetti, è stato solo nel 1972 che Romanée-Conti è diventato redditizio. Il giovane Aubert allora pensava che la vigna non avesse futuro. “Avrei potuto essere un insegnante”, ricorda. Ma nel 1964 conobbe in California Robert Mondavi, futuro papa dei viticoltori americani.
“La sua visione dei vini mi ha dato una spinta”, ricorda Aubert de Villaine. Un anno dopo, il giovane Aubert si unisce a Romanée-Conti, all’età di 25 anni. “Con il senno di poi, mi rendo conto di avere un occhio nuovo senza essere ingombrato da un passato”. Nel 1974 assume le redini della tradizionale cogestione della tenuta, composta dalla sua famiglia di Villaine e dei Leroy, e dà nuova vita ad essa.
“Siamo stati dei pionieri”. Negli anni ’90 adotta l’aratura trainata da cavalli, più rispettosa del suolo rispetto ai trattori. Nel 1985 Romanée è stata tra le prime a convertirsi al biologico, poi alla biodinamica nel 2006.“, spiega Aubert un difensore dei “climats” (appezzamenti di vigneti) della Borgogna, la cui classificazione nel 2015 entra come patrimonio mondiale dell’UNESCO.
Dopo essere sfuggita alla “parkerizzazione”, la standardizzazione del vino volta a soddisfare il palato del famoso critico americano Robert Parker, la Borgogna “si è accorta che bisognava rispettare i propri terroir”. “È la sua forza”, assicura questo gentiluomo-enologo il cui comportamento nobile – cappello di feltro, giacca di lana e pantaloni di velluto a coste – non gli impedisce di avere i piedi ben ancorati al suolo.
È anche grazie a questo ritorno “ai suoi fondamenti” che la Borgogna raccoglierà la sfida del cambiamento climatico: “Sono molto fiducioso che si adatterà. Ne ha visti altri”.
Aubert de Villaine rimane nel consiglio di sorveglianza di Romanée-Conti

Non si entra dunque nelle cantine di Romanée-Conti, il sancta sanctorum, senza aver aperto due pesanti porte blindate e aver sbloccato un allarme. I mitici grands crus sono lì, riposano: Echezeaux, Romanée-Conti, La Tâche, non si osa calcolare quanti milioni di euro dormono in questa cassaforte.