Cosa sono i solfiti. Sulle etichette del vino ormai è usuale trovare la scritta contiene solfiti. Nel mondo degli amanti del vino è divenuto uno dei principali tabù degli ultimi tempi. Quando, parlando di vino, si finisce sull’argomento dei solfiti , le domande più frequenti sono sempre le stesse: fanno male?, oppure: si tratta di sostanze naturalmente presente nel vino o di additivi? Oppure espressioni tipo: non bevo vino bianco perchè contiene solfiti e mi fa venire il mal di testa. Il mostro dei solfiti si districa tra leggende metropolitane e ondate che additano questa sostanza come causa di tutti i mali legati al i vino.
Cosa sono i solfiti?
I solfiti, o anidride solforosa, vengono prodotti dai lieviti durante il naturale processo di fermentazione. I lieviti sono indispensabili in quanto trasformano lo zucchero in alcool, rilascinado in questo processo i solfiti. Questi sono importanti perché hanno un’azione conservante e antibiotica. Ma sono anche contenuti in vari alimenti come lo stoccafisso, e ancor in maggior misura nei crostacei, nella senape, nei concentrati di frutta e arrivano fino 250 mg/kg o mg/l. La frutta secca, le mele e le pere disidratate, albicocche, pesche, uvetta, prugne, fichi secchi, fino ai 2000 mg/kg o mg/l. Nel caso del vino in alcuni tipi di vinificazione si procede con l’aggiunta di un’ulteriore quantità di solfiti nel vino durante le varie fasi:
Vendemmia: quando i grappoli arrivano in cantina, infatti, con i solfiti si evita l’ossidazione del succo, limitando lo sviluppo di batteri e consentendo ai lieviti di avviare e portare a termine una corretta fermentazione.
Vinificazione: dato che la vendemmia avviene meccanicamente, non c’è distinzione tra uva sana e uva deteriorata: l’aggiunta di solfiti prima della fermentazione ne aiuta lo svolgimento, impedendo lo sviluppo di batteri e micro-organismi.
Imbottigliamento: vengono aggiunti solfiti nel vino come conservante, per limitarne l’ossidazione e renderlo più limpido.
Cosa accade nel vino biologico? Cambia la percentuale di solfiti da potere utilizzare
Nella nuova regolamentazione CE 203/2012 le quantità massime di solfiti nel vino biologico sono 100 mg/l per i rossi e 150 mg/l per bianchi e rosati, con la possibilità di aumentare di 30 mg/l se il vino ha più di 2 grammi di zucchero residuo.
E il vino naturale?
Il limite di solfiti nel vino naturale è di 30 mg/litro per i rossi e 40 mg/litro per i bianchi, che corrisponde alla quantità massima di solfiti prodotta naturalmente durante la fermentazione alcolica.
Ciò vuol dire che nel vino naturale non è ammessa l’aggiunta di solfiti.
Ovviamente non essendo possibile una lavorazione industriale se ne producono piccole quantità
Oggi sta cambiando e si va verso un impiego più mirato dell’anidride solforosa: uve sane e un’elevata igiene evitano il proliferare di batteri nelle prime fasi di lavorazione; uno stretto controllo dei tempi e delle temperature permette di ottenere la fermentazione voluta senza ricorrere all’additivo. In questo modo è possibile limitare l’aggiunta di solfiti alle fasi finali della lavorazione, quando le componenti del vino sono meglio integrate e meno inclini a legarsi con la solforosa: la maggior percentuale di anidride solforosa libera fa sì che basti una concentrazione minore per ottenere l’efficacia voluta.
I solfiti influenzano il vino dal punto di vista organolettico?
Tutto, se utilizzato correttamente, non fa male e non altera il vino. L’anidride solforosa stabilizza il vino consentendo di preservarne i profumi e i sapori originari. Un eccesso, invece, può alterarne le caratteristiche in modo significativo e facilmente riconoscibile: in questi casi i naturali profumi del vino saranno sovrastati dall’odore dello zolfo o, peggio, da aromi simili all’aglio e alle uova marce. In alcuni casi, la formazione di molecole di idrogeno solforato possono far sì che l’odore di chiuso che talvolta si percepisce all’apertura di un vino (la cosiddetta riduzione) diventi invece persistente. Il sapore a sua volta risulterà chiaramente solforato.
Ma i solfiti fanno male?
L’anidride solforosa e i suoi derivati in eccesso non sono di certo un toccasana, ma negli alimenti che consumiamo tutti i giorni di conservanti ce ne sono in egual o maggior misura e di più dannosi. Il mal di testa comunemente attribuito a queste sostanze si tratta di una leggenda metropolitana. Se veramente fossero queste sostanze la causa della cefalea anche il consumo di crostacei, frutta secca e succhi di frutta dovrebbe generare questo disturbo, vista la frequente presenza di derivati dell’anidride solforosa in questi cibi.
Il mal di testa è dovuto, in parte all’anidride solforosa, ma anche ad altri additivi che un vino di pessima qualità può contenere. Ci sono vini e vini, cantine e cantine: un vino deve essere equilibrato anche nel contenuto di conservanti. Una cantina che segue una buona vinificazione riduce la presenza di oltre la metà i solfiti presenti nel vino industriale.