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Il Cerasuolo di Vittoria, la giara e Phitos

vittoria colonnaQuesta del Cerasuolo è una storia che inizia nel 1607. Siamo in Sicilia sotto la dominazione spagnola. Il vicerè in Sicilia è un certo Marcantonio Colonna, il quale aveva una figlia di nome Vittoria di straordinaria bellezza. Il fratello di Vittoria, Ascanio Colonna, prese degli accordi con il duca di Medina de Rioseco (Spagna), tal Enriquez de Cabrera e, come si usava, alla fine di lunga trattativa gli promise in matrimonio la bella sorella. Così la giovane Vittoria si ritrovò sposata al Duca, per carità di Dio, un buon uomo magari, ma dovette sposarlo senza averlo mai visto prima. Poco dopo il marito morì e lei divenne vedova mantenendo comunque il titolo di contessa di Modica. Anziché cospicui lasciti, il duca Cabrera le lasciò pesanti debiti da saldare. Infatti, per presenziare al matrimonio di Filippo III il Duca Cabrera si era indebitato fino al collo pur di fare bella figura. La neo contessa Vittoria a faccia tosta chiese al re di Spagna delle concessioni di terre per provare a risanare le casse. Il Re, in fondo colpevole involontario del loro indebitamento, acconsentì. Così Vittoria Colonna de Cabrera iniziò la costruzione di una nuova città, per l’appunto Vittoria, oggi in provincia di Ragusa. Invitò dei coloni a popolare e coltivare quelle terre allora disabitate e per incentivarli promise loro di regalargli un ettaro di terra ma a condizioni che la coltivassero a vigneti. Non perché Vittoria fosse particolarmente amante del vino, ma dall’isola partivano navi cariche di vino verso Malta, e il commercio era florido.
Questo pezzo di storia per portarvi alle porte di Vittoria, la cittadina che da il nome all’unica DOCG (Origine controllata e garantita) siciliana, il Cerasuolo di Vittoria.  Il Cerasuolo di Vittoria è un vino rosso ottenuto da uve FrappatoNero D’Avola. In percentuali disciplinate dalla legge. Il vino che ne scaturisce è figlio di un equilibrio tra la potenza del Nero d’Avola e la morbidezza del Frappato. Il Cerasuolo viene prodotto in un’ampia area della provincia di Ragusa e in parte delle province di Caltanissetta e Catania. Non è di certo il 1600 l’anno in cui si comincia a coltivare i vitigni in questa zona: infatti numerosi documenti testimoniano che già nel III secolo a.C. la coltivazione delle vigne era pratica consolidata. A portarmi in questi luoghi non è tanto la storia ufficiale, ma la storia della giara, ovvero dei vasi di terracotta di varie dimensioni e nei quali all’interno si conservava olio, vino o farine. A tutti i siciliani la parola giara evoca un celebre racconto di Pirandello: Don Lolò Zirafa, il protagonista della vicenda, è un proprietario terriero ricco ma taccagno. Dopo l’acquisto di una enorme giara per conservare l’olio della nuova raccolta, accade un fatto strano: per ragioni misteriose il grosso recipiente viene ritrovato perfettamente spaccato in due. La giara potrà essere riparata solo da Zi’ Dima Licasi, un artigiano del posto specializzato nella riparazione di recipienti.  Zi’ Dima si mette all’interno della giara per eseguire più comodamente il suo intervento. Si dimentica però che la giara è molto panciuta ma ha un collo molto stretto. Così, terminata la riparazione, resterà bloccato all’interno. Lo so, sto divagando ecco perché il resto lo lascio alla vostra curiosità e andarvi a leggere la commedia.
Una volta giunto in zona cerco  l’azienda Agricola COS . Finalmente, immersa tra uliveti, carrubeti, mandorleti, appaiono le vigne e infine l’azienda. Un antico baglio ristrutturato, color ocra con disseminate intorno alcune giare. A fare da guardiani all’interno del cortile, due immense palme da dattero. COS è la realtà più affermata nel segmento dei vini naturali siciliani. Sono qui per incontrare Phitos, un vino che viene fatto macerare all’interno di giare. Sono attratto anche dalla bottiglia, corta e panciuta. Degusto un Cerasuolo netto, pulito, senza contaminazioni. Mi raccontano da dove è nato il loro interesse per la terracotta nella vinificazione. Le giare, o anfore in terracotta, sono sempre state usate per fare il vino. Se ne trovano testimonianze in ogni dove nel nostro territorio, ma è un’usanza che nasce da molto lontano, in quella che è considerata la culla della viticoltura, la Georgia. Curiosi di scoprire, ci siamo andati in Georgia, nella regione del Kakheti, assetati di conoscenza. Il fascino delle lunghe macerazioni, del silenzio quasi contemplativo, dei rituali legati all’anfora ci ha catturato. Come in un grembo materno, nelle anfore facciamo riposare il vino per mesi, controllandolo giornalmente. La terracotta lascia respirare il vino, lo protegge, senza apportare aromi esterni, senza alterarne alcuna componente. GiaraAbbiamo chiamato Pithos il vino in anfora, come segno di omaggio alla lingua greca dei nostri antenati. “Pithos”, è la giara in cui il vino viene vinificato e maturato. Un vino che nasce in questo materiale ci permette di valutare con maggior precisione le sue origini non avendo contributi né intermediazioni tipiche del legno. Non vado oltre due annate il 2010 e il 2009. Ha un colore rosso rubino, non pulitissimo così come deve essere un vino naturale. Al naso il minerale ha un passo più lungo. Ma la ciliegia è il suo primo amore. Il nome Cerasuolo viene proprio dal siciliano cerasa (ciliegia). Ciliegia croccante quindi con riverberi balsamici, amarena, eucalipto e note ferrose, sentori caldi. E’ un vino pulito, di media intensità. Al palato si sente l’acidità e la mineralità e dei tannini morbidi lasciando una bocca piacevolmente intrisa di note fruttate. Io lo abbinerei a dei formaggi, una bella fetta di Tumazzo Modicano, ma anche a cose semplici come pane caldo e olio. Da bere, a mio avviso, leggermente fresco. Mi lascio dietro le giare di zi Dima e le palme flessuose ma mi porto il tintinnio delle bottiglie di Pithos che aspettano il momento di essere bevute.

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